L’Opera omnia di Giannatonio Campano: episcopus aprutinus

di Cinzia Falini

Il presente lavoro, parte di uno studio più ampio, nasce dalla osservazione, presso la Biblioteca comunale “Vincenzo Bindi” di Giulianova, dell’esemplare dell’Opera omnia di Giannantonio Campano: uno dei volumi di più antica data conservato nelle biblioteche della nostra città. La figura del Vescovo di Teramo è tracciata solo a grandi linee e in riferimento esclusivo alla attività di emendator che il Campano svolse nella Roma del Quattrocento.

Il 31 ottobre 1495 viene stampato a Roma, presso la tipografia di Eucharius Silber, l’Opera omnia di Giannantonio Campano curata da Michele Ferno. Eucharius Silber è uno dei maggiori stampatori nella Roma di fine ‘400 e divide con Stephan Plannck e Johann Besicken la quasi totalità delle pubblicazioni.

Giannatonio Campano[1], morto nel 1477, aveva ben conosciuto l’ambiente editoriale romano; negli anni infatti tra il 1468 e il 1471 egli si era occupato della critica textus come emendator[2].

Sono questi i primi anni della stampa a Roma; il 1467 è l’anno in cui i chierici giunti da Subiaco, Conrad Sweynheym e Arnold Pannartz pubblicano le Epistolae ad familiares di Cicerone, l’anno successivo danno alle stampe cinque nuove edizioni e, nel 1469 ben undici. Nel 1468 anche Ulrich Han inizia la sua attività; tedesco anche lui e con un passato di copista, il 5 dicembre del 1468 stampa il De oratore di Cicerone. In questa prima fase della stampa a Roma c’è una grande saldatura tra intellettuali e stampatori testimoniata dal fatto che, nella ristampa dei classici, eminenti figure di intellettuali lavorano come emendator per gli stampatori; Sweynheym e Pannartz erano affiancati da Giovanni Andrea Bussi De Rossi Vescovo di Aleria e Ulrich Ran da Giannantonio Campano vescovo di Teramo.

La nuova tecnica di stampa aveva immediatamente affascinato e fatto avvertire la sua portata innovativa. Il fermento intellettuale che la circondava è ben evidenziato da una caratteristica “editoriale”: le prime edizioni di Ulrich Han erano caratterizzate dalla precisione nel segnalare giorno, mese ed anno di stampa; da un certo punto in poi, e solo fino al 1471 anno nel quale finì la collaborazione tra l’editore ed il Campano, al posto delle indicazioni relative alla data di stampa, Han appose i famosi versi del Campano che iniziavano Anser Tarpeiiche, giocando con la traduzione dalla parola tedesca hahn e il nome dello stampatore Ulrich Han, si chiudono con Imprimit ille die quantum non scribitur anno ad indicare che con la invenzione della stampa Ulrich Han può stampare in un giorno quanto si riesce a scrivere in un anno[3].

Un esame della produzione editoriale dei volumi che convenzionalmente chiamiamo incunaboli (i volumi stampati fino al 1500) ci dice che la loro produzione era essenzialmente in lingua latina (per una percentuale pari al 77%), il 45% delle pubblicazioni era di carattere religioso, oltre il 30% di carattere letterario, classico, medievale e contemporaneo[4]. in questo ultimo ambito che si colloca l’attività di emendator di Giannatonio Campano prima in collaborazione con U. Han e poi con Filippo De Legnamine, con il quale emendò, nel 1470, Svetonio e Quintiliano[5].

Campano svolse la sua attività di emendator fino alla partenza, nel 1471, per la Dieta di Ratisbona con la delegazione pontificia.

Flavio Di Bernardo, eminente biografo del Campano, avanza la possibilità che il Campano sia stato qualcosa in più di un emendator; le sue asserzioni si basano sulla osservazione che, in alcuni casi, grandi opere furono stampate per iniziativa di grandi intellettuali dell’epoca che le commissionavano: sembra ad esempio che sia stato lo stesso Torquemada a far venire a Roma Ulrich Han da Ingolstadt e a fargli stampare le Meditatione[6]. Il Di Bernardo intravede nelle due personalità vicine al Campano, Francesco Todeschini Piccolomini e l’Ammannati, due potenziali collaboratori, ancorché solo per la parte economica, almeno nelle due opere che Campano emendò per Filippo De Legnamine. Siamo nel campo delle ipotesi, di certo sappiamo che per Ulrich Han il Campano lavorò solo in qualità di emendator; di una cosa Di Bernardo sembra certo: che due tra le prime personalità che attesero a questo compito, il Campano e il Bussi, non furono presi dalla “mania di mutare e di correggere… anche là dove non conveniva apportare variazioni[7]” rispettando fortemente il testo classico.

Diciotto anni dopo la morte del Campano, a Roma, Eucharius Silber pubblica la sua Opera omnia curata da Michele Ferno. Il volume raccoglie tutte le opere del Vescovo di Teramo precedute dalla prima biografia dell’autore, priva di fonti, composta dal Ferno. Ma chi era Michele Ferno? Di lui (1465ca.-1513) sappiamo che fu correttore di bozze presso la stamperia di Silber ma non sappiamo se la collaborazione sia andata oltre la pubblicazione dell’Opera omnia del Campano che certamente rappresentò per il curatore una fatica editoriale ed economica a causa della difficoltà di reperimento delle opere[8]. Il Campano, aveva visto datata e stampata in vita, una sola opera: l’orazione funebre per Battista Sforza, tenuta nel 1472 ad Urbino[9] l’Opera ominia contiene, come si evince già dal frontespizio: Tractatus V, Orationes XV Epistolarum IX libri, Vita Pii, Historia Brachii, Epigrammatum VIII libri.

Prima delle opere troviamo una serie di carte nelle quali riconosciamo: il privilegio di privativa dell’editore, alcune poesie, un epitaffio per il Campano e due lettere: una di Jacopo Antiquari a Michele Ferno ed una lettera del Ferno all’Antiquari. Di Michele Ferno sappiamo inoltre che si trasferì da Milano a Roma dove lavorò da avvocato mantenendo sempre fervido l’interesse per le lettere e per la ricerca di manoscritti interessanti; forse fece parte dell’Accademia di Pomponio Leto verso il quale ebbe una venerazione e al quale dedicò, alla sua morte, un componimento. Il Ferno fu in stretto contatto epistolare con Jacopo Antiquari, segretario di Ludovico Sforza, il quale fu al centro di una tela di rapporti con i più grandi letterati del tempo; egli aveva nei confronti delle lettere e quindi dei letterati grande ammirazione e gran rispetto, per questo motivo frequentò e coltivò lunghe e sincere amicizie con letterati, artisti, che protesse, difese ed aiutò, anche economicamente[10]. Iacopo Antiquari aveva conosciuto Giannatonio Campano, era stato prima suo discepolo, negli anni tra il 1450 e il ‘60 nei

quali il Campano aveva insegnato e Perugia, e poi suo amico. L’Antiquari condivise col Campano il progetto editoriale della pubblicazione dell’Opera omnia[11] che vide il compimento, nel 1495, grazie alla operosità di Michele Perno che non conobbe direttamente il Campano ma che ebbe il grande merito di riunire tutte le notizie in suo possesso sul Vescovo di Teramo insieme a tutte le opere scritte dallo stesso.

Una seconda edizione dell’opera venne stampata a Venezia, nel 1502 per i caratteri di Bernardino Viani e Andrea Torresano[12].

Una ristampa anastatica dell’edizione romana di Eucharius Silber del 1495 è stata data alle stampe nel 1969 dall’inglese Gregg Jnternational Publishers di Farnborough.

 

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Un esemplare dell’Opera omnia del Campano è conservato presso la Biblioteca comunale “Vincenzo Bindi” di Giulianova e fa parte del lascito “V. Bindi’ Nel Catalogo della collezione di libri ed opuscoli riguardante gli Abruzzi od appartenenti ad autori abruzzesi donata al Comune di Giulianova[13], il Bindi stesso da dell’incunabolo la seguente descrizione: “Campano Giov. Ant., Vescovo di Teramo. — Opera omnia etc. Impressum Romae per Eucharium Sibar alias Franck, unius ipsius Michaelis Fern. Mediol. cura corretione et impensa. Anno Christianae Salutis XCCCCXCV. Frontespizio istoriato. Incunabolo. Magnifico e marginoso esemplare con lig. orig. e l’ultima pagina, del pari istoriata, con figure simboliche impresse in legno, ripieno di testimoni. Vi si legge la firma di Belisario Bulgarini, patrizio di Siena. Rarissimo”.

Troviamo una descrizione accuratissima dell’opera nella Biblioteca storico topografica degli Abruzzi[14] di Camillo Minieri Riccio.

La descrizione del Minieri Riccio, accurata e meticolosa, descrive il volume nelle sue parti essenziali e ad essa si rimanda per una lettura attenta. Si è passati quindi a confrontate la descrizione del Minieri Riccio, quella del Bindi riferita all’esemplare in merito, con l’esemplare custodito presso la Biblioteca comunale di Giulianova.

L’incunabolo osservato, risulta in buono stato di conservazione.

Titolo: Plus in alieno. De te mox de me. Ne precor quid prius dato lector uitio quamomnia intueare. Nani spero fore ut nisi cuncta abiicias cogaris singola laudari. Continetur. Tractaus 5. Oractiones. 15. Epistolarum. 9. libri. Vita Pii Historia Brachii. Epigrammatum 8. libri Materia: carta

Misure fogli: mm 205×310

Misure specchio: mm 140×234

Descrizione fisica: [304] c.; fol.

Decorazione: Iniziali xilografate.

Integrazioni a mano: no

Lingua di pubblicazione: latino

Note: mancano le ultime due carte con l’explicit

Note di possesso: Ex libris di Vincenzo Bindi. Sul frontespizio l’indicazione di Ignatij Constantij e la data 1678. Nell’ultima pagina il nome di Bellisario Bulgarini e la data 1585.

Il Bindi ci definisce la legatura come originale, ma uno scollamento del margine rivela l’utilizzo, all’interno, di carta con chiara calligrafia ottocentesca; inoltre il Bindi, descrive quello che lui stesso chiama ultimo foglio nel quale sono rappresentate “figure simboliche impresse in legno[15]”. Dal confronto tra l’incunabolo, la descrizione di Vincenzo Bindi e quella di Minieri Riccio notiamo che l’esemplare risulta mancante di due carte finali nelle quali avremmo letto l’explicit: Characteri bus Venetis impressum RomaeperEucharium Silber alis Franck unius ispius Michaelis Ferni Mediolantr cura corretione et impensa. Anno Christianae salutis MCCCCXCV Pridie Kla? s Novembris[16].

Interessanti sono le note di possesso; in fondo all’ultima pagina leggiamo: “Bellisarij Bulgarini Patricij senensis, et amicorum, emit senis anno salutis 1585. Laus Deo Optimus Maximus semper et ubique” E sotto una mano diversa: “Emit scilicet pretio soluto librorum octo denariorum”.

Il volume quindi entrò nella biblioteca di Bellisario Bulgarini, nel 1585 al prezzo di otto denari, nel 1678 lo troviamo di proprietà di Ignazio Costanzo mentre la terza nota di proprietà è l’ex libris di Vincenzo Bindi.

Di Bellisario Bulgarini (Siena 1539-1619) della nobile famiglia senese sappiamo che fu uomo di vasta e profonda cultura, appassionato studioso ed esperto nello studio delle lingue antiche e moderne; fece rivivere a Siena l’Accademia degli Intronati, fondata nel 1525 la quale assorbì, nel 1603, l’Accademia degli Accesi fondata dallo stesso Bulgarini. La sua fama è legata alla polemica, negli ultimi decenni del 1500, sul valore poetico della Commedia di Dante originata da un’opera divulgata in forma manoscritta nel 1572 a firma di Ridolfo Castravilla (uno pseudonimo) il quale avanzava dei dubbi sulla poeticità dell’opera dantesca; alcuni riconobbero nel Castravilla il Bulgarini stesso. I suoi numerosi manoscritti sono conservati presso la biblioteca comunale di Siena[17].

Riguardo ad Ignazio Costanzo possiamo solo avanzare delle ipotesi che sono ancora in fase di verifica. Non abbiamo inoltre notizia su quando il volume sia entrato a far parte della biblioteca di Vincenzo Bindi.

Note

[1] In questa sede non si traccerà un profilo biografico del Vescovo Campano per il quale si rimanda a: Lesca GGiuseppe, e Giov. Campano detto l’tpiscopus apro tinus, Saggio biografico e critico, Pontedera, Tipografia Ristori, 1892; Hausmann, F [Rank Rutger], Campano Giannantonio, in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1974, pp. 424-429; Di BERNARDO Flavio, Un Vescovo umanista alla Corte Pontificia, Giannatonio Campano (1429-1477), Roma, Università Gregoriana Editrice, 1975.

[2] L’emendator aveva il compito di confrontare i vari codici per epurarli da eventuali errori compiuti dai copisti in modo da ricondurre il testo alla forma originale preparandolo per la stampa.

[3] Di BERNARDO Flavio, cit., p. 236.

[4] FEBVRE LUCIEN — MARTIN HENRY-JEAN, La nascita del libro, Roma-Bari, Laterza, 1985, p. 317.

[5] Scrittura, biblioteche e starnpa a Roma nel Quattrocento. Aspetti e problemi. Atti del seminario, 1-2giugno 1979. Indice delle edizioni romane a stampa, 1467-1500. Città del Vaticano, scuola vaticana di Paleografia, Diplomatica e Archivistica, 1980, p. 9.

[6] FEBVRE LUCIEN — MARTIN HENRY-JEAN, cit. p. 215.

[7] Di BERNARDO, cit., p. 244.

[8] Per notizie biografiche su Michele Ferno si veda: CERESA MASSIMO, Ferno, Michele, in Dizionario biografico degli italiani, vol. XLVI, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1996, pp. 359-361.

[9] Come riferisce Di BERNARDO, cit, p. 5, l’orazione venne stampata nel 1476 a Cagli, città soggetta ai Montefeltro, da Bernardino Di Bergamo e Roberto di Fano; il discorso che avrebbe invece dovuto pronunciare alla Dieta di Francoforte fu stampato senza indicazioni cronologiche ma comunque databile al 1487 circa quindi all’incirca dieci anni dopo la morte del Campano.

[10] Iacopo Antiquari (Perugia, 1444-45/Milano 1512), uomo politico di grande onestà e correttezza viene ricordato per l’incessante attività di protettore, confidente dei maggiori letterati dell’epoca come il Filelfo, Aldo Manuzio e il Poliziano. Maggiori notizie in BIGI Emilio, Antiquari lacopo, in Dizionario biografico degli italiani, vol. III, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1961, pp. 470-472.

[11] CERESA MASSIMO, cit. p. 360.

[12] Bernardino Viani tipografo e Andrea Torresano editore e tipografo sono attivi nella Venezia di inizi ‘500, il Torresani diverrà prima socio e poi suocero di Aldo Manuzio il vecchio alla morte del quale gestirà, temporaneamente e per conto dei figli, la tipografia.

[13] BINDI VINCENZO, Catalogo della collezione di libri ed opuscoli riguardante gli Abruzzi od appartenenti ad autori abruzzesi donata al Comune di Giulianova da Vincenzo Bindi, Pescara, R. Stab. Tip. D. De Arcangelis & Figlio, 1930-VIII, p. 72.

[14] MINTIERI RICCIO CAMILLO, Biblioteca storico topografica degli Abruzzi, composta sulle proprie collezioni, Napoli, Tip. Prigiobba, 1862; data l’indisponibilità di questa edizione si è consultata la ristampa anastatica dell’Editore Forni del 1968, pp. 122-125 in cui si legge una descrizione precisa e minuziosa dell’opera.

[15] BINDI VINCENzO, cit, p. 72.

[16] Minieri, Riccio Camillo, cit, p. 125.

[17] Cft. Agostini Francesco, Bulgarini Bellisario, in Dizionario biografico degli italiani, vol. XV, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1961, pp. 40-43.

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