Storie di libri: Dal Fondo “V. Bindi” della biblioteca civica

di Cinzia Falini

La raccolta dei volumi che Vincenzo Bindi donò al Municipio di Giulianova comprendeva tutte le opere che aveva raccolto nelle sua vita “tutti i miei libri, le mie carte, la mia corrispondenza, ligata o non ligata, gli autografi, gli Albums, gli atlanti, et. et. in qualunque parte della mia casa si trovino”[1].

Accanto quindi a volumi che chiaramente furono, e rappresentano ancora oggi, lo specchio dei suoi intessi in vita, ce ne sono anche altri che raccolse con la passione del bibliofilo. La raccolta è comunque coerente come sa chi, almeno una volta, abbia sfogliato il Catalogo[2] pubblicato postumo ma frutto del lavoro di compilazione di Bindi stesso con l’intento di dare una definizione permanente alla raccolta donata.

Alcune edizioni, rare e raffinate, catturano subito l’attenzione anche dell’occhio meno esperto; tra le tante ne ho scelte due e, senza alcuna pretesa di proporne uno studio bibliologico, esporrò come opere apparentemente estranee alla nostra regione e alla nostra città siano al contrario ad essa fortemente legate.

Nel 1927 Bindi pubblicò Giulianova la Posillipo degli Abruzzi[3] per la sua città, mentre ne riassumeva i tratti storici salienti, ne ricordava i personaggi storici a cui aveva dato i natali menziona due pregevoli opere in suo possesso: il De virtute morali di Plutarco, con commenti, in 4 libri, e De partu Virginis di Sannazzaro, in rarissime edizioni”; i due volumi fanno parte del lascito al Municipio di Giulianova e oggi conservate nella biblioteca civica.

L’attenzione di Bindi nei confronti di questi due volumi va intuitivamente al di là del loro contenuto e si riferisce ad elementi nient’affatto secondari se inseriti nella storia e nell’arte della sua regione e della sua Giulianova.

Osserviamo i primi fogli e i colophon delle due opere

Synceri. De partu Virginis,

Neapoli, in aedibus illustriss. viri Andreae Matthaei Aquiuiui Hadrianorum Interamnatumque ducis per Antonium Fretiam Corinaldinum ciuemque Neap. …, 1526 Maio mense.

 Quae hic contineantur: haec sunt Plutarchi de virtute morali libellus Graecus. Eiusdem libelli translatio per illustr. Andrea Matth. Aquiuiuum Hadrianorum ducem. Commentarium ipsius ducis in eiusdem libelli translationem in libros quatuor diuisum. Index totius operis: qui singillatim materias in uno quoque libro contentas ostendit,

Neapoli, ex officina Antonii de Fritiis Corinaldini ciuisque Neapo., 1526 Iunio mense.

Si comprende che le due edizioni hanno più di un elemento in comune:

– edite a Napoli nello stesso anno 1526 ad un mese di distanza l’una dall’altra,

– stampate dallo stesso tipografo: Antonio Frezza di Corinaldo,

– legate al nome di Andrea Matteo III Acquaviva d’Aragona.

Discorreremo su tutti e tre gli elementi ma è certamente il terzo di essi che determina la loro presenza nel lascito e che aveva attratto Bindi sicuro conoscitore della storia della sua terra: Andrea Matteo III Acquaviva D’Aragona non nelle vesti di potente signore dell’Italia meridionale ma in quelle di principe umanista, mecenate e protettore dei letterati[4].

L’Acquaviva fu educato alla scuola del Pontano di cui rimase amico e che gli dedicò il De Magnanimitate; fu un accademico pontaniano, virtuoso della lingua greca e della filosofia antica e medievale. Possedeva inoltre una ricca biblioteca nel palazzo di Atri[5] che definì in una corrispondenza con Aldo Manuzio, uno dei maggiori editori di ogni tempo e primo tra gli editori in senso moderno, “ … parva (non tamen prorsus inculta) …”[6]; al suo amore per la cultura intesa nel senso più ampio, si deve l’impianto di una tipografia intorno al 1525.

Ora le vicende di Andrea Matteo, di Pontano, di Antonio Frezza si collegano in un intreccio su cui val la pena soffermarsi.

Antonio Frezza nacque probabilmente nel XV secolo a Corinaldo una città della Marca anconetana (non troppo distante dalle terre di Atri per ipotizzare che il Frezza e l’Acquaviva si siano potuti incontrare in terra d’Abruzzo) e si traferì a Napoli dove operò da tipografo, pressoché costantemente, dal 1517 al 1526[7].

A Napoli probabilmente Antonio Frezza fece pratica presso l’officina del tedesco Sigismondo Mayr che, tra le numerose opere di Pontano, aveva stampato il De Magnanimitate[8] e il De Rebus coelestibus entrambe dedicate (di quest’ultima il primo dei 14 libri che la compongono) ad Andrea Matteo III.

Dopo la sua morte, nel 1517, gli successe nella direzione della tipografia la vedova, Caterina De Silvestro[9], e Antonio Frezza iniziò l’attività in proprio.

Nel periodo di attività, 1517-1526, Frezza operò sempre a Napoli, con una sola interruzione nel 1520 quando si spostò ad Aversa dove stampò una importante opera di Luca Prassicio[10], filosofo aversano in amicizia con Andrea Matteo, probabilmente in casa dell’autore.

Antonio Frezza era molto noto a motivo della sue riconosciute capacità come tipografo che gli aveva fatto meritare la cittadinanza napoletana; era dunque molto richiesto. La collaborazione con Andrea Matteo era iniziata nel 1519 con la pubblicazione della sua opera Officium pro cunctis diebus dominicis in suffragio delle anime dei congiunti[11].

Ma torniamo al frontespizio del primo volume dove leggiamo: “in aedibus illustriss. viri Andreae Matthaei Aquiuiui Hadrianorum Interamnatumque ducis” quindi in casa dell’illustrissimo Andrea Matteo.

Dopo aver aperto una bottega presso la Vicaria vecchia Antonio Frezza si spostò nella tipografia che Andrea Matteo Acquaviva aveva aperto nel suo palazzo situato in porta Donnorso (o Orsitana) a Napoli terminato nel 1518[12] e la diresse.

Dai torchi della tipografia venne stampato, nel maggio del 1526, il De partu Virginis di Jacopo Sannazaro legato da sincera amicizia all’Acquaviva[13]: un’elaborazione ventennale dell’opera approdava alla editio princeps cioè una edizione autorizzata dall’autore; una prima versione del De partu Virginis dal titolo Jacobi Sanazari partenophaei vatis clarissimi carmen de Partu Beatae Virginis, quod Christeidos inscribitur era stata data alle stampe qualche anno prima e conteneva un numero minore di versi[14]. Non sappiamo se si trattasse di una “edizione di rapina”, così vengono chiamate quelle opere date alle stampe senza l’autorizzazione degli autori[15], sappiamo però che il Sannazaro lavorò alacremente all’opera e sovrintese anche a tutto il lavoro di stampa; vennero fatte anche alcune copie di lusso molto decorate.

In questa operazione editoriale quindi Andrea Matteo era parte attiva in quanto proprietario della tipografia dove Antonio Frezza stampò il De partu Virginis e legato da stima ed amicizia all’autore del volume.

Ben diversa fu la sua parte nella pubblicazione del secondo volume di cui trattiamo, il De virtute morali di Plutarco che Antonio Frezza diede alle stampe solo un mese più tardi.

L’opera di Plutarco fu infatti tradotta dal greco in latino in quattro libri e commentata dallo stesso Andrea Matteo; la pubblicazione fu probabilmente resa possibile dall’abilità del tipografo il primo, sembra[16], ad usare i caratteri greci a Napoli; prima di lui i caratteri greci erano stati usati sporadicamente proprio da Sigismondo Mayr ma Antonio Frezza li utilizzò con grande capacità e sicurezza di esecuzione.

“L’opera fu distesa con molta erudizione ed eleganza, e confermò quella ottima opinione che si avea dell’esimio traduttore”[17]; il De virtute morali dell’Acquaviva fu opera molto conosciuta tra i contemporanei ma alla metà dell’Ottocento Gabriello Cherubini scriveva: “Questa versione è appena oggi nota agli eruditi”[18].

Andrea Matteo volle inserire in quest’opera un trattato di teoria musicale in lingua latina di sua stessa produzione: il De Musica; corredato da molte illustrazioni si presenta in maniera quasi autonoma dal resto. La scelta di inserire il trattato all’interno del De virtute morali gli avrebbe permesso di raggiungere ambienti sicuramente più elevati di quanto avrebbe potuto una pubblicazione autonoma dell’opera.

Vincenzo Bindi era un attento lettore e conoscitore degli Acquaviva, del 1881 è infatti la sua opera Gli Acquaviva letterati. Notizie biografiche e bibliografiche stampato a Napoli ed è quindi naturale, che, come studioso della sua terra e attento bibliofilo, inserisse queste due opere prima nella sua raccolta e oggi nella biblioteca civica della città di Giulianova.

Note

[1] ASTe, Giulianova. Lascito prof. Bindi: biblioteca-pinacoteca-casa abitazione, Prefettura vers. 1989, b. 59, fasc. 1465, delibera n. 104 del 12 novembre 1927.

 

[2] Catalogo della Collezione di Libri ed Opuscoli riguardante gli Abruzzi od appartenenti ad autori abruzzesi donati al Comune di Giulianova da Vincenzo Bindi, Pescara, R. Stab. Tip. De Arcangelis & Figlio, 1930.

 

[3] Vincenzo Bindi, Giulianova la Posillipo degli Abruzzi, Milano Sonzogno, 1927, p. 5; si tratta del fascicolo n. 161 della collezione “Le cento città d’Italia illustrate”.

 

[4] Per le prime notizie biografiche si veda la voce in Dizionario biografico degli italiani, vol. 1, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 1960, pp. 185-187; si segnalano nella vasta bibliografia disponibile gli scritti di V. Bindi sull’argomento: Castel S. Flaviano. Studi storici archeologici ed artistici, III, Napoli 1881, pp. 22-114, e Gli Acquaviva letterati. Notizie biografiche e bibliografiche, Napoli, 1881.

 

[5] Concetta Bianca, La biblioteca di Andrea Matteo Acquaviva, in Atti del VI Convegno Gli Acquaviva d’Aragona Duchi di Atri e Conti di S. Flaviano, tomo I, Teramo, Centro Abruzzese di ricerche storiche, pp. 159-171.

 

[6] Ibid., p. 159.

 

[7] Le informazioni su Antonio Frezza sono tratte da Dizionario biografico degli italiani, vol. 50, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 1998, pp. 514-515; Ascarelli Fernanda, La tipografia cinquecentina italiana, Firenze, Sansoni Antiquariato, 1953, pp. 30, 36; utile è stata la consultazione della banca dati Edit 16.

 

[8] La magnanimità intesa come virtù che conduce all’onore virtù degli uomini pubblici.

 

[9] Caterina De Silvestro fu attiva fino al 1523; cfr. Ascarelli Fernanda, La tipografia cinquecentina italiana, cit., p. 31-32.

 

[10] Filosofo aversano al quale si deve l’impianto della prima tipografia ad Aversa. Ormai vecchio e impossibilitato a muoversi, si avvalse dell’amicizia di Andrea Matteo III che fece trasferire la tipografia di Antonio Frezza probabilmente nella sua casa di Aversa per la pubblicazione di sue opere.

 

[11] Officium pro cunctis diebus dominicis, et alia pro quacumque feria hebdomadae, et B.V. Mariae, ad vsum sui accomodata, Impressum Neapoli per Antonium de Frizis Corinaldensem, 1519. Die VIII mensis Nouembris.

 

[12] Antonio Fanizzi, La tipografia di Andrea Matteo Acquaviva, “La Forbice”, 17 luglio 1980.

 

[13] Jacopo Sannazaro era membro dell’Accademia pontaniana con lo pseudonimo di Actius Syncerus, seguì il suo patrono Federico D’Aragona in esilio in Francia da dove fece ritorno alla sua morte nel 1505.

 

[14] Cfr. Scolari Filippo, Le opere latine di Azio Sincero Sannazaro, Venezia, Tipografia all’Ancora ed in proprietà di G. A. Molena, 1844, pp. 319-326.

 

[15] Non era raro che le edizioni date alle stampe non fossero quelle autorizzate dagli autori ma che venissero stampate sulla base di copie manoscritte che gli autori facevano circolare per misurarne il gradimento o avere pareri e consigli; ovviamente ci si muoveva in assenza di tutela della proprietà intellettuale; il diritto di autore sarà una tutela che troveremo in Inghilterra solo all’inizio del Settecento.

 

[16] Ascarelli Fernanda, La tipografia cinquecentina italiana, cit., p. 30.

 

[17] Carlantonio Villarosa, Ritratti poetici di alcuni uomini di lettere antichi e moderni del regno di Napoli, parte prima, Napoli dalla stamperia e cartiera del Fibreno, 1834, pp. 7-8.

 

[18] Gabriello Cherubini, Andrea Matteo III Acquaviva e la sua cappella nella chiesa cattedrale di Atri. Memorie storico-critiche, Pisa, Tipografia di Lorenzo Citi, 1859, p. 14. L’opera fu pubblicata in seguito nel 1609 dal figlio di Andrea Matteo, Antonio Donato col titolo Andreæ Matthæi Aquiuiui … Illustrium, & exquisitissimarum disputationum libri quatuor: quibus omnis diuinæ, atque humanæ sapientiæ, præsertim animi moderatricis musicæ, atque astrologiaæ, arcana, in Plutarchi Chæronei De virtute morali præceptionibus recondita, summo ingenii acumine retecta, patefiunt … Helenopoli apud Iohannem Theobaldum Schônvvetterum, 1609; cfr. Gli scrittori d’Italia cioè Notizie storiche, e critiche intorno alle vite, e agli scritti dei letterati italiani del conte Giammaria Mazzuchelli bresciano, volume 1, parte 1, In Brescia, presso a Giambatista Bossini, 1753, p. 120.

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